Dall’anteprima alla prima de Le Città Invisibili. Pensieri e immagini.

In attesa delle repliche che si terranno a Sala Uno Teatro dal 11 al 16 ottobre prossimi vi raccontiamo, con le parole di coloro che hanno già avuto modo di vedere lo spettacolo, immaginari ed emozioni.

Loredana Lipperini (scrittrice): Ieri sera ho finalmente visto Le città invisibili del magnifico duo Isabella Moroni- Ivan Cozzi. Spettacolo bellissimo.

Marco Berrettoni Carrara (costumista): Le Città Invisibili… una preziosa scatola scenica, bella… e al suo interno un gioco raffinato… un salto indietro in tempi spazi e luoghi sconosciuti ma poi segretamente così familiari… bravi tutti!

Stefano Valente (scrittore): Affabulazione, incanto, evocazione. E tutta la ricchezza degli echi sonori, olfattivi e visivi che sono il tessuto del Viaggio, del Racconto, della Vita. La regia di Ivan Cozzi riesce ad inscenare tutto questo, ma con raro scrupolo filologico: restituendo fedelmente anche le “cerebralità” sottili del testo di Calvino.
In particolare la “proliferazione” di un libro come Le Città Invisibili, con la scelta di moltiplicare Marco Polo nelle tre entità circasse-turcomanne-tartare-cinesi-tibetane – a un tempo tutto questo e niente di tutto questo. Entità femminili (le superlative Alessandra Aulicino, Lidia Miceli e Brunella Petrini), forse perché è femmina la narrazione, la verità e l’immaginazione. E soprattutto la parola che dà loro corpo.
Ecco allora che la trama del batti e ribatti col Gran Khan Kublai – l’enorme mappamondo ancora da tracciare, il resoconto mai finito – si dipana, si svolge e si sfilaccia in tempi e in modi, insieme trasognati e aspri, che Calvino stesso apprezzerebbe. Panorami, architetture, genti, usanze – e tutto lì lì per mutare, sempre differente: magari solo per una sillaba sottratta, per un’intonazione salita o discesa di un’ottava.
Raramente uno spettacolo va oltre l’essere “altro” dal testo da cui è tratto. In questo caso lo spettatore lascia il teatro con la consapevolezza che mai più carezzerà le pagine de Le città Invisibili senza ritornare a quelle quinte, a quelle musiche, alle loro ombre e ai loro lampi. Per sempre – chissà – un poco assorto, così come Kublai (Alessandro Vantini, magistrale) che si è appena specchiato nel suo impero immenso e inconcepibile.

E poi le foto narranti di Chiara Pasqualini.

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