Nella messa in scena di quest’anno de Le Città Invisibili, ci sono nuovi gesti.
Gesti antichi del lavoro, gesti magici , gesti ritmati, oppositivi, accoglienti.
Il mercato è sempre una sorpresa. Chi è questo mercante veneziano che prende forma in tre donne che arrivano in un’alba appena interrotta dalla voce del Muezzin che chiama alla preghiera? Da dove vengono, quali fiumi hanno navigato, quali mari, attraverso quali deserti sono passate?
Lo raccontano i loro abiti, che sembrano, come le tuniche dei cantori Fakir del Bengala Occidentale, fatte di incontri e di ricordi: una collana dal deserto, una gonna dalle vallate, una giacca dall’ultimo campo di battaglia soccorso.
Lo raccontano loro stesse quando narrano al Kan delle città più magiche incontrate, quelle che non esistono, eppure sono i nostri specchi.
Porteranno le incertezze del Kan a diventare conoscenza, la stessa che loro detengono per storia e per magia.