Mentre gli altri alberi crescono o vengono affidati agli agricoltori che li pianteranno e li cureranno per sempre (qui potete vedere il luogo dove sta crescendo il nostro Pero d’Acqua, https://goo.gl/maps/ybGzgxbRHC94FU2C7), ad Argillateatri è stato regalato un nuovo albero, per augurare buona fortuna alla riedizione di Le Città Invisibili.

Una Papaya (Carica Papaya), un piccolo sempreverde che può raggiungere un’altezza fino a 10 metri. Il tronco contiene un succo lattiginoso, composto da papaina, usato soprattutto per scopi medicinali. Questo albero deve essere coltivato in zone calde al riparo dal vento e in coltura consociata con altri arbusti di dimensioni maggiori, con lo scopo di venderne i frutti e farne ottimi succhi di frutta.

È una Papaya, vive in Kenya, a Sensi, ma ha preso nome di Albero delle Città Invisibili.

La Papaya significa “ammaliante”, i suoi semi hanno un sapore che ricorda la senape e sono leggermente piccanti, ma usati in piccole dosi, arricchiscono di sapore i piatti giusti, sanno essere ammalianti come poche altre spezie.

Inoltre la Papaya migliora la qualità del suolo fissando l’azoto o riduce l’erosione grazie all’esteso apparato radicale; facilita il ripopolamento di diverse specie animali; i suoi frutti, i semi e le foglie vengono mangiati dalle famiglie dei contadini o venduti nei mercati locali.
E le foglie, le radici, la corteccia e/o i frutti vengono usati nella medicina tradizionale.

La Papaya si rivela un albero utilissimo per la sicurezza alimentare delle comunità che la coltivano e di grossa importanza per lo sviluppo economico e la protezione ambientale.

Quello che affascina è vedere come il colore della terra, la disposizione delle piante, il modo di coltivarle è quello di un mondo molto differente dal nostro. Saperlo ci apre lo sguardo e ci offre una nuova possibilità di comprendere la natura e la creazione.

No, non è una pubblicità. E non è neanche una scelta aziendale.

È l’adesione ad un progetto romantico e, probabilmente, utile per l’ambiente e per il lavoro in quei mondi che hanno di questa parola un altro concetto.

Treedom è una piattaforma che permette di piantare un albero a distanza e di seguirne la crescita: sapere in che zona è il vivaio (si vede con il geolocalizzatore…), sapere quando viene dato al contadino affinché lo pianti nella sua terra, sapere che ogni contadino avrà una formazione per far crescere l’albero, che potrà averne uno nuovo qualora la piantina iniziale abbia delle fallanze; che l’albero avrà la manutenzione necessaria fin quando non darà un reddito al contadino.

Per ogni albero piantato c’è poi l’assorbimento della CO2, la riforestazione, i piccoli progetti agroforestali locali… insomma quello che si chiama un percorso virtuoso del quale siamo felici di essere parte.

Argillateatri ha inaugurato da poco la sua foresta. Per ora ci sono due piantine.

Una, il Pero d’Acqua (Syzygium Guineense), un albero sempreverde capace di adattarsi a diversi contesti ambientali. I suoi frutti sono fonte di cibo e sono impiegati anche per usi medicinali, ma è spesso coltivato anche per la sua bellezza e per la sua ampia chioma ombreggiante. Si trova in Kenia e, piantandolo, riusciremo ad assorbire 50 kg di CO2 (quanta ne produce in media una persona in 4 giorni). Il Pero d’Acqua, inoltre è un albero molto utile per la sicurezza alimentare di chi lo coltiva e per lo sviluppo economico della zona.
Infatti facilita il ripopolamento di varie specie animali, favorendo così in generale la varietà nella fauna e nella flora; le sue foglie, le radici, la corteccia e i frutti vengono usati nella medicina tradizionale; i frutti, i semi e le foglie vengono mangiati dalle famiglie dei contadini o venduti nei mercati locali.

Fra queste piantine c’è anche il Pero d’Acqua di Argillateatri

L’altra, l’Acacia Mangium un albero tuttofare dai rami distribuiti in maniera irregolare, che può raggiungere i 30 metri di altezza, vive in Madagascar. Le infiorescenze sono paragonabili a cascate di piccoli fiori bianchi, profumati. L’Acacia Mangium fiorisce più o meno tutto l’anno ed i frutti sono pronti 6-7 mesi dopo l’impollinazione. Piantandolo assorbiremo 200 Kg di CO2 (quanta ne produce in media una persona in 15 giorni). Anche l’Acacia è utile per la sicurezza alimentare, ma ancor di più per la protezione ambientale grazie all’implemento della biodiversità. Migliora, infatti, la qualità del suolo fissando l’azoto e riduce le erosioni grazie all’esteso apparato radicale.
Anche i frutti, i semi e le foglie dell’Acacia vengono mangiati dalle famiglie dei contadini o venduti nei mercati locali ed usati nella medicina tradizionale.

Fra queste piantine c’è l’Acacia Mangium di Argillateatri

Se non lo conoscete andate a vedere i progetti di Treedom, oppure piantate un albero assieme a noi (o, anche, regalatene uno alla nostra foresta!)