Zaccaria Verucci, partigiano e non solo è stata una figura fondamentale del quartiere di Casalbertone.

In prima fila ad ogni manifestazione, pronto ad ascoltare e a confrontarsi con gli abitanti di tutte le età, mai dimenticato.

Alla sua morte nel giardinetto della piazza del quartiere gli hanno innalzato una targa perchè non potesse mai sfuggire dal cuore di chi l’aveva conosciuto ed aveva condiviso con lui battaglie e feste.

Virgilio Bianchini anche abitava a Casalbertone. In quello splendido palazzo popolare al cui portone fanno guardai due daini di bronzo. Il palazzo dei cervi, lo chiamavano, confondendo un poco le specie, Il palazzo dei ferrovieri da cui Alfredo, nel pieno dei bombardamenti di Roma, fuggì, giovanissimo per andare a fare il partigiano sulle montagne dell’Umbria.
Anche nell’atrio di quel portone c’è una targa a lui destinata.

Come c’è anche alle spalle della piazza, a fianco dell’ingresso al lotto, un po’ meno decorato dove ha vissuto Giorgio Marincola, di madre somala. Il partigiano dalla pelle nera trucidato dieci giorni dopo la Liberazione, perchè sapeva che non si era ancora sicuri; il Tenente Mercurio che lottava per difendere l’autonomia e la libertà di un popolo.

Tutti gli anni, il 25 aprile, gli abitanti di Casalbertone, fanno una festa ed un corteo per portare tre corone di garofani rossi sulle targhe che ricordano i loro tre partigiani, così diversi, così importanti.
Ed ogni anno qualcuno racconta queste storie con le parole, le musiche gli allestimenti che meglio rappresentano  il sentimento che si prova per queste persone che hanno contribuito a fare un mondo nuovo.

Quest’anno abbiamo voluto farlo noi. Con la storia di Bianchini e di Marincola raccontate in una lettura a due voci e con la narrazione di alcuni brani, poesie, lettere, diari che il padre di Zaccaria Verucci, un antifascista di altri tempi ha raccolto in un paio di decine di quaderni riempiti di una calligrafia minuta e precisa: pensieri, scritti, analisi, racconti sulla sua esperienza di combattente per la libertà.

 

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Parata

Nel corteo degli artisti trampoli, attori, giocolieri, tamburi mossi da una coreografia d’insieme. Ricordi di favole, leggende e bestiari , a volte grandi ali colorate, lotte fra trampoli, corteggiamenti, danze. La parata attraversa la città portando con sé il pubblico al gran  finale di fuoco: con mangiafuoco, torce catene, bastoni infuocati e fuochi d’artificio.

Tutti al Carnevalone Liberato! Poggio Mirteto ci attende.

poggio1E’ un paese magico dove si parla una lingua incomprensibile, che nasconde storie di fantasmi e di draghi, torri d’avvistamento e fortificazioni, battaglie e lotte per la libertà. Ma più che altro Poggio Mirteto è il paese che nel 1861 si liberò dallo Stato Pontificio chiedendo l’annessione al Regno d’Italia ed attorno a questo evento è nata una leggenda che negli ultimi trent’anni si è trasformata in una delle feste più popolari, trasgressive e spontanee che esistano in Italia. Il Carnevalone Liberato.

Il Carnevalone liberato, festa anticlericale per antonomasia, festa libertaria ed anarchica, capace di far satira e dar fuoco a qualsiasi politico che si sia contraddistinto per qualche assurdità. Amici e nemici.

Nella grande Piazza, per i vicoli e le stradine che s’arrampicano per il paese antico, dalle terrazze che s’affacciano su un orizzonte verde striato di rosso e viola nel tramonto, la folla si moltiplica e sembra come morsa dal genio della follia e dell’abbandono alla gioia.
Travestiti, in maschera oppure no, tutti corrono, scherzano, parlano a voce alta, si chiamano fra loro, o si fermano a guardare tutto quello che c’è e ce n’è per tutti i gusti.
Si mangiano salsicce e porchetta e la minestra di fagioli, mentre in una padella dal diametro infinito friggono delle pizze speciali dolci o salate e tutto s’annega in bottiglie piene di vino rosso che passano di mano in mano, di bocca in bocca.

E nella piazza c’è musica d’ogni genere e d’ogni tipo: rock metal, rap, etnica e popolare e poi le bande sempre tantissime, ordinate e disordinate, che  si inseguono e si scontrano, si suonano sopra e si contrappongono continuando a girare lungo il perimetro della piazza assieme ai trampolieri, ai giocolieri, alla mangiafuoco ormai ageè, al duo dell’uccellatore su trampoli con il suo uccello dagli innumerevoli richiami e a tutti quelli che arrivano, anche senza essere stati invitati, con i loro spettacoli e la loro creatività.

Scendono dall’arco che porta alla città vecchia le parate musicali, arrivano i danzatori volteggiando su una struttura di carta che cela un cuore d’acrobazia, fra vetri e chiodi si destreggia un fachiro, Diana continua a trasformare i bambini in tigri, gatti, leoni, principesse e mostri truccandoli con colori naturali, mentre al centro della piazza i grandi immancabili tappeti dove i più piccoli giocano col Kapla si contendono lo spazio con le grandi mongolfiere che a rotazione lanciano nel cielo lampi di colore e di calore.

A Poggio Mirteto questo Carnevalone ha tutti i crismi del vero carnevale: la kermesse, la liberazione dalle regole e dalle leggi, la rabbia e l’impotenza dei Carabinieri che vorrebbero frenare gli effetti di fumo, alcool ed allegria, ma che poi  finiscono sempre a pattugliare fra insulti, scherzi e lazzi.

E’ la festa della trasgressione come non se ne vedono più in giro e dura fino a sera inoltrata, quando si brucia il “bammoccio”, quel grande pupazzo di legno e stoffa che entra in scena alla fine delle feste popolari per essere bruciato come atto dirompente e conclusivo della festa.
E quando anche l’ultima scintilla s’è ridotta cenere ecco salire fra le stelle e la prima falce di luna i fuochi d’artificio mentre in piazza entra l’ultima protagonista della festa. E’ la “pantasima” una pupazza anche lei, vecchia e stregonesca, dalle grosse tette infarcite di mortaretti che scoppiettano mentre lei balla in cerchio e tutt’attorno si compone il grande girotondo che avanza ed indietreggia, gira, si ferma e ricomincia in senso inverso.
Il girotondo dove si ride, si cade, ci si spinge, si rotola, ci si rialza mentre la Pantasima prende fuoco ed il fuoco illumina gli occhi dei tutti e gli occhi riscaldano la notte e la città ed il fuoco stesso, fino a che la piazza non resta vuota.

L’Uccello di Fuoco accende Piazza Mattei.

E’ stata una serata gelida ed interessante.

Potete dare un’occhiata qui:


La performance è fluida e ben costruita. Il pubblico l’ha apprezzata e forse vale la pena di approfondirla, di farla crescere e presentarla nei festival e nelle rassegne della prossima estate.

Intanto la portiamo al Carnevalone Liberato di Poggio Mirteto.

Omaggio a Stravinskij | Trampoli e danza a Piazza Mattei.

enzovasc1Sarà l’evento “Il Pugno di Boccioni” ad aprire il sipario sulle manifestazioni del centenario futurista a Roma.

Una serata futurista (con musica, teatro, danza, performance, esposizioni e videoarte), nata da un’idea di Giuseppe Casetti, in attesa della mezzanotte del 20 febbbraio, data ufficiale della celebrazione del Futurismo.

Fra le molteplici iniziative in programma alle ore 18 la serata si aprirà con l’Omaggio a Stravinskij di ArgillaTeatri, una partitura fisica per trampoli e danza nata dalla collaborazione con il Centro Incontro delle Arti Vulcano Metropolitano e con la costumeria CNT Vincenzo Canzanella entrambe di Napoli.

Sulla musica dell’Uccello di Fuoco, l’antica favola russa si dipanerà lungo le strade raccontando dell’incontro fra il  Principe Ivan Tsarevitch e l’Uccello di Fuoco, della Principessa prigioniera e dell’Orco che tutti i viaggiatori tramuta in pietra. Ed infine della lotta contro l’orrendo mostro che culminerà con l’annientamento del suo potere e con la liberazione della Principessa.

Stravinskij fu molto interessato alle opere dei musicisti futuristi italiani ed ebbe molteplici scambi anche con altri esponenti del Futurismo (Giacomo Balla, ad esempio, realizzò le scenografie per il suo balletto “Feu d’artifice”).
Ma non solo, poichè quest’anno il centenario del Futurismo si mescola inscindibilmente con quello dei Ballet Russes di Sergej Djagilev e di Vaslav Nijinsky, di cui l’Uccello di Fuoco è stato una delle più acclamate coreografie.

I costumi del Principe e del Mostro sono ispirati ad alcuni dipinti di Depero dei quali riprendono le geometrie di cerchi e triangoli seppur ingentilite da decorazioni più “morbide”.
La partitura per trampoli nasce proprio dalla musica, assolutamente teatrale, scissa dalla narrazione, contenitore vibrante per tutte le azioni possibili: acrobazie e lotte, grandi ali e maschere s’intrecciano con temi di danza contemporanea, oggetti simbolici, tecniche di teatro gestuale.

Dal Futurismo vengono, invece i movimenti “meccanici”, le colorazioni assolute, gli slanci esteriori, la sensazione (che solo il trampolo sa dare) di  rigidità ed automatismo che si contrappone con estrema efficacia  alla morbidezza umana della danza.

In scena, diretti da Ivan Vincenzo Cozzi, storico trampoliere, performer e regista racconteranno l’Uccello di Fuoco:
Antonello Casalini (il Principe), Silvia Cozzi (l’Uccello di Fuoco), Laura Petrini (il Mostro)
con la partecipazione della danzatrice Cinzia Scott nel ruolo della Principessa.
– Balletto futurista: partitura fisica per trampoli e danza
musiche di Igor Stravinskij
regia Ivan Vincenzo Cozzi
a cura di Argillateatri in collaborazione con il Centro Incontro delle Arti di   Napoli.
costumi CNT Vincenzo Canzanella
Piazza Mattei dalle ore 18

È la storia del Principe Straniero e del suo Scudiero nel lungo viaggio compiuto, attraverso lotte ed avventure, sogni, fughe, agguati e incantamenti, per liberare la splendida figlia dell’Imperatore d’Oriente dal terribile Drago che la tiene prigioniera…

Con l’aiuto della Fata dell’Acqua, della principessa dell’Aria e del Signore del Fuoco, il Principe Straniero vincerà il Drago conquisterà il suo regno.

Trampoli, mimi, danzatori, narratori e musica per una storia divertente, meravigliosa e romantica.

Arcani personaggi giungono ad una terra antica per fondarvi la loro città. Con un rituale il Saggio rende il luogo propizio donandogli un nome, ma per avere Pace e Fortuna occorre uccidere il Drago della Terra.
La lotta ha inizio, il Drago viene sconfitto, lo spazio è purificato e può cominciare la Grande Festa.

aggettivi: affabulatorio, vitale, geometrico, aereo, duttile.

dominanti: sorpresa, silenzio, intuizione, ricordo, natura.
Il fine è quello di raccontare la nascita di una città attraverso il movimento.

drammaturgia: tecniche del teatro di strada (trampoli, acrobazie, mangiafuoco, lotte, bandiere, marottes etc.) e del teatro-danza. Musica e canto dal vivo.

Trampolieri, musici, mimi, giocolieri, acrobati, danzatori e mangiafuoco attraversano il paese in un itinerario caratterizzato da alcune tappe nelle quali vengono narrate tante piccole storie, diverse di volta in volta, una dentro l’altra, o -meglio- una dietro l’altra.

Entreremo, forse, nella storia del Drago, o in una vera corrida; forse nella lotta tra l’Uccello di Fuoco e l’Uccello del Paradiso…

Ed ancora ci saranno danze, uscite a sorpresa, serenate, oppure clown, musica, commedia dell’arte, mimo, scherzi, interventi comici ed altro ancora fino al finale di fuoco e fuochi.

Sunto: il filo è un legame, la motivazione che permette di raggiungere le persone e la loro esistenza. Intraprendere un viaggio fin dentro gli elementi più straordinari dei popoli e delle civiltà senza mai perdere il contatto con le radici, con le testimonianze della vita reale fino ad incontrare l’incanto della libertà.

Drammaturgia: trampoli e tecniche di teatro di strada. Percussioni.

Movimenti esteriori: percorso, danza, mimo.

Movimenti di dentro: lentezza, equilibrio, incontro, arrivo e partenza, trascinare, segnare, viaggiare.

Dominanti: legame, ricordo, contatto. Il senso è nel coinvolgimento di tutti. La forza è quella del ricordo e della testimonianza. Il fine è quello di far incontrare l’ordinario con lo straordinario.