Non smette mai di provocare sorpresa e domande il nostro spettacolo Le Città Invisibili che, ormai, si è evoluto in oltre 7 anni di rappresentazioni.
Sorpresa che a volte si palesa in una sorta di presa di distanza; stupore perché sembra impossibile che non susciti qualche domanda.

Sapevamo che non essendo un testo teatrale, lo spettacolo può risultare ostico a chi guarda cercando di non cedere all’emozione o, semplicemente, ponendosi solo come spettatore, senza partecipare.
Abbiamo scoperto che questo modo di fare teatro attraverso l’evocazione dei immaginari e fantasie (che fino a qualche decennio fa era quello migliore per includere società, politica, creatività, sperimentazione, letture particolari, lavoro con il corpo, con la voce, etc.) oggi può costringere alcuni spettatori a vedere scardinate le proprie abitudini e il proprio gusto.

Tutto questo crediamo che sia un bene, perché provoca dibattito, a volte in presenza, a volte sui social e si può costruire una lettura del testo di Calvino che assomigli al percorso inclusivo dell’autore.

Sei repliche in buona parte sold out al Teatro Trastevere, una prova generale aperta al LSA 100Celle, tre matinée richieste da alcune scuole di Roma ci hanno messi in contatto con un pubblico molto vario. C’era chi conosceva il testo con tale precisione da individuare subito le parti in cui abbiamo cambiato l’ordine; c’era chi non lo aveva mai letto, chi si aspettava le Città che lo avevano maggiormente colpito e chiedeva perché non fossero state inserite; c’era chi avrebbe voluto che il finale identico a quello di Calvino: l’inferno dei viventi e chi invece ha preferito quello aperto al futuro e alla speranza.

I ragazzi, soprattutto quelli della scuola media, hanno portato tante domande e raccontato quello che li aveva colpiti e stupiti. In particolare il significato della figura di Marco Polo suddivisa nelle tre viaggiatrici.

È stato uno scambio molto proficuo che ci ha costretto a continuare ad indagare e a chiarire.

E lo faremo ancora con il prossimo laboratorio di lettura interpretata aperto a tutti, da gennaio 2024.

Le foto sono di Claudio Drago

A Roma al Teatro Trastevere (Via Jacopa de’ Settesoli, 3), da martedì 24 a domenica 29 ottobre 2023 ore 21.00 (domenica ore 17.30), Argillateatri presenta il nuovo allestimento di  Le Città Invisibili di Italo Calvino, adattamento di Isabella Moroni, con Andrea Dugoni, Claudia Fontanari, Silvia Mazzotta e Brunella Petrini per la regia di Ivan Vincenzo Cozzi 

In occasione dei cento anni dalla nascita del grande scrittore, lo spettacolo, creato nel 2016, torna in scena con il cast in parte modificato, ma anche con nuovi gesti e nuova attenzione sui significati onirici, combinatori e visionari ideati da Calvino e invita il pubblico a ripercorrere le tappe di un viaggio fantastico, tra sogno e realtà, sulle orme di Marco Polo, al cospetto dell’imperatore tartaro Kublai Kan, alla scoperta di quei luoghi, reali ed immaginari, che compongono il grande regno del sovrano orientale.

Le città invisibili mette in scena 13 delle 55 città che compongono il romanzo, scelte fra quelle più prossime alla nostra realtà per attualità, significati o simbologie; che riportano il ricordo di qualcosa di già vissuto altrove, trovano un nuovo significato e una diversa dimensione temporale che prende forma nella parola narrata.

Ogni città è al contempo eterna, segreta, in movimento. Il dialogo immaginario fra Marco Polo e Kublai Kan, punteggiato e accompagnato dalle musiche originali di Tito Rinesi, s’attarda fra segreti, prospettive ingannevoli, fragilità e vita mentre attorno prende forma qualcosa di nuovo, perché forse è vero, come dice il Kan (Andrea Dugoni), che ogni città altro non è che la descrizione di una sola, unica città. Quella perfetta.

E se ognuna delle città immaginate da Calvino nel romanzo del 1972, ha nomi di donna, il regista affida proprio a tre donne (interpretate da Claudia Fontanari, Silvia Mazzotta e Brunella Petrini) il ruolo del mitico esploratore: tre figure femminili quasi archetipiche, tre viaggiatrici del tempo e dello spirito, che suggeriscono la natura corale, arcaica, ancestrale ma anche sfuggente e impersonale del raccontare.

In ogni tappa le nostre Marco Polo portano nei propri sacchi, al cospetto del sovrano, una testimonianza: pezzi d’avorio, un elmo, una conchiglia, cerbottane, tamburi e quarzi, disposti su piastrelle bianche e nere, e poi spostati, via via che il viaggio e il racconto si snoda, sotto gli occhi di un imperatore nostalgico che in quei racconti tenta di rintracciare un senso, di intuire le geometrie e i movimenti di quel “disegno tracciato dai salti spigolosi dell’alfiere, dal passo strascicato e guardingo del re dell’umile pedone, dalle alternative inesorabili d’ogni partita”

Una partita che si gioca nel giardino fantastico del Kan, appena sotto le mura oltre il mercato, dove i viaggiatori scambiano le merci, o i bivacchi dove riposano. Anch’esso è un luogo, forse immaginario, dove il sovrano Kublai Kan cerca di rintracciare il senso e l’identità del suo regno, cha va disfacendosi. Ma soprattutto di capire quale sia il senso e il fine del gioco stesso.

E la risposta, forse non ancora trovata, spetta ad ogni spettatore che come Marco Polo affronta il suo viaggio.



Le città invisibili, di Italo Calvino, regia di Ivan Vincenzo Cozzi

con Andrea Dugoni, Claudia Fontanari, Silvia Mazzotta e Brunella Petrini.

Musiche originali di Tito Rinesi.

Scenografie di Cristiano Cascelli. Costumi: Marco Berrettoni Carrara.

Tecnico luci/fonica: Steven Wilson

Organizzazione: Isabella Moroni

Ed ecco che si avvicina il momento del ritorno in scena di Kublai Kan e delle tre Viaggiatrici del tempo, dello spazio e del sogno.

Le Città Invisibili che Italo Calvino scrisse quasi 50 anni fa ci porta, ancora una volta, nel viaggio nei luoghi straordinari della mente e del caso, raccontandoci la storia degli incontri tra l’imperatore tartaro Kublai Kan e Marco Polo, mercante veneziano, giunto alla sua corte. Il Kan vuole conoscere il suo sterminato regno e chiede a Polo di percorrere i suoi territori per raccontargli la forma e la vita delle città che lo costellano. Ad ogni ritorno Polo narra a Kublai di città fantastiche: città di gioia e desiderio, città venate di rimpianti, città dell’assenza o della morte, al confine fra reale e immaginario.

Da qualche mese stiamo provando intensamente perché, anche questa volta, abbiamo un cast in parte rinnovato.

Le Città Invisibili, infatti, non è un testo facile. Il rispetto totale e profondo della composizione letteraria di Calvino, dei suoi lemmi, della sua struttura narrativa, impone agli attori un grande lavoro: dapprima di memoria e quindi di interpretazione.

È uno spettacolo corale, dove queste Marco Polo dalle triplici sfaccettature un po’ oracolari, un po’ narratrici, molto divertite dal loro ruolo di guide per altrove fantastici, non si scindono mai del tutto. Una racconta, le altre sostengono.
Tutte sottolineano la necessaria filosofia che insegna ad attraversare la vita secondo lo scandire della meraviglia.

Fra le tre Marco Polo, vedremo l’ingresso di Silvia Mazzotta, mentre Kublai Kan con i suoi monologhi colmi di dubbio e di ricerca di qualcosa che non esiste è Andrea Dugoni.

Le date in cui potrete sognare in scena (o anche interpretare) con noi queste città quasi perfette che non bisogna “mai smettere di cercare” sono:

15 ottobre – ore 18.00
per la Rassegna Trame di Teatro – Le domeniche al Casale, prova aperta al Laboratorio Sociale Autogestito 100Celle (ex Casale Falchetti) – Viale della Primavera, 319/b – Roma
Ingresso a sottoscrizione – prenotazioni a argillateatri@gmail.com e info@lsa100celle.org

24 – 29 ottobre – ore 21.00 – domenica ore 17.30
Teatro Trastevere – Via Jacopa de’ Settesoli, 3 – Roma
Info e prenotazioni: info@teatrotrastevere.it

Gennaio 2024 (luogo da definire – Progetto del Municipio VIII)
Laboratorio teatrale gratuito di lettura, lettura ad alta voce, lettura interpretata su “Le Città Invisibili” di Italo Calvino, per mettere in relazione memoria e territorio attraverso
l’azione partecipativa, con spettacolo finale. In collaborazione con Ass. Cult. Marte 2010
Info e prenotazioni: argillateatri@gmail.com

Vi aspettiamo!

Cent’anni sono passati dalla nascita di Italo Calvino, scrittore capace di rinnovare la creazione letteraria ma, soprattutto, di risolvere, con le sue sistematizzazioni, le incongruenze di un’epoca che già cominciava ad essere pervasa da una comunicazione velocissima.

Vogliamo celebrare questo centenario riproponendo Le città invisibili, quel testo che ci è venuto in soccorso oltre sette anni fa, quando cercavamo qualcosa di nuovo da mettere in scena dopo un lungo periodo senza produzioni.

Un testo, che pur essendo così usato nelle scuole (letture, disegni, progetti, rappresentazioni…) in musica (non si contano i compositori che si sono confrontati con Le Città), nella critica letteraria, in urbanistica, in teatro, nelle fiction, etc. non era teatrale e non poteva essere adattato…

Le città invisibili è un romanzo che oscilla fra il racconto filosofico e quello fantastico-allegorico. Calvino lo ha scritto nel corso di circa un decennio organizzandolo secondo una sua personale visione che non era del tutto emotiva, ma che pure rispecchiava la sua passione per i mondi esotici, le avventure e per le sensazioni fantastiche. Quella passione che ha caratterizzato tutta la sua opera consentendogli di unire e mescolare realtà e finzione, realismo e umorismo, leggerezza e inquietudine.

I racconti sulle città – spiega lo scrittore in un’intervista –  sono stati concepiti come “Poesie in prosa perché io scrivo racconti da tanti anni che anche quando vorrei scrivere una poesia mi salta fuori un racconto”.

E prosegue: “Se sono riuscito a fare quello che volevo, dovrebbe essere uno di quei libri che si tengono a portata di mano, che si aprono ogni tanto e si legge una pagina… Insomma vorrei che lo si leggesse un po’ come l’ho scritto: come un diario”.

Tecnicamente ha creato varie cartelle nelle quali ha suddiviso le città che man mano si compivano sulla carta: città tristi, città contente, città dal cielo stellato e città piene di spazzatura, spazi, sensazioni, genti diverse, inclinazioni raccolte come fossero fogli di diario.

Nell’intervista citata Calvino chiarisce che il viaggio del veneziano Marco Polo attraverso le 55 città immaginarie, non è altro che il percorso attraverso “la nostra vita”, attraverso quello che “è stata la città per gli uomini come luogo della memoria e dei desideri e di come oggi è sempre più difficile vivere nelle città anche se non possiamo farne a meno”. E quindi, è giusto “interrogarci su cos’è, su cosa dovrebbe essere la città per noi… E se la megalopoli non significhi proprio la fine della città, il suo contrario”. E chiosa: “Forse il vero senso del mio libro potrebbe essere questo: dalle città invivibili alle città invisibili”. Con uno sguardo, se vogliamo, ottimista.

Calvino – spiega Franco Marcoaldi – disegna un atlante metropolitano fantastico e noi lo seguiamo stupefatti. Perché tutti quei luoghi, frutto dell’immaginazione, raccontano al contempo la nostra realtà quotidiana: raccontano la simultanea molteplicità di un mondo che ci illudiamo di conoscere per intero […].

È, infatti, un testo che calza su qualsiasi anima. Ognuno può trovarci pezzi di sé: ricordi di viaggio, visioni, idee, progetti, paure, gioie, poesie, appunti, memorie, stati d’animo, ispirazioni, passioni, immaginari.

È un testo che si presta a infinite interpretazioni perché ciascuno di noi conosce almeno una di quelle città per averla vissuta nella sua forma caotica e frammentata, nel suo sfuggirci proprio quando pensavamo di poterla controllare e di poterne cogliere i frutti migliori.

Come ha avuto modo di dire Alessandra Trevisan, la non-esistenza delle sue città, per sopravvivere, ha bisogno della nostra capacità di figurarle secondo ciò che già abbiamo conosciuto nella realtà: soprattutto in Calvino vive l’irreale irrealtà odierna, che molto ha a che fare con la nostra vita liquida anche.

In profondo accordo con tutto questo abbiamo scelto di dar forma alle città soffermandoci sul linguaggio che genera segni e simboli, crea una vita oltre la vita, ci fa vivere nell’immaginare, nel trasfigurare, nel sublimare la realtà vera e fisica delle cose. Nulla del testo originale è stato cambiato. Solo la posizione dei dialoghi con il Kan è stata scomposta, replicando l’idea portante del libro: il gioco combinatorio.

La combinazione della nostra drammaturgia inizia con la scelta delle Città, preferendo quelle che rievocano qualcosa di contemporaneo o di simbolico. Per poi inoltrarsi nei dialoghi cambiandone parzialmente la disposizione delle frasi con l’idea di rendere comprensibile la scelta fatta e, contemporaneamente, introdurre il contenuto delle diverse città.

Come dice Marco Belpoliti: nel testo di Calvino “non c’è una mappa per attraversare le città continue, l’unica possibilità è nel procedere per punti discontinui, affinché proprio la discontinuità possa indicare il cammino al viandante”.

E proprio sulla discontinuità, seppur organizzata in segni logistico-temporali (il Mercato, il Bivacco, la Scacchiera), abbiamo composto il secondo passo della drammaturgia: provare a immaginare una carta geografica che parta dall’analogia fra le città dai nomi di donna e le tre donne in cui è moltiplicata la figura di Marco Polo. Tre donne, tre figure femminili archetipiche, viaggiatrici del tempo e dello spirito, che suggeriscono la natura corale, arcaica, ancestrale ma anche sfuggente e impersonale del raccontare: la parola e il linguaggio prendono vita con l’essere umano e, a loro volta, lo abitano e lo raccontano.

Tre donne che, in quanto tali, sono capaci di leggere mappe, cieli e venti; sono capaci di curare, tramandare, conservare e tessere storie.

Si dice che Calvino con Le città invisibili perseguisse la ricerca dei legami che esistono tra le cose del mondo, la rete di corrispondenze fra segni controversi e spesso indecifrabili; queste viaggiatrici si inseriscono nei dialoghi tra Marco Polo e Kublai Kan, si fanno guide del continuo passaggio fra i due mondi, quello del guerriero e quello del mercante e, infine, provano a dare la sentenza, tentando di dare, ordine al labirinto del caos.

Abbiamo poi scelto di immaginare Le Città Invisibili come un viaggio non soltanto perché Il Milione di Marco Polo – che dà l’impulso alla scrittura di Calvino – è il racconto di un viaggio, ma soprattutto perché ogni città è un frammento del viaggio della vita, una scheggia di vetro nel caleidoscopio delle esistenze.

E, poiché siamo in Oriente – per quanto si tratti di un oriente ideale e astratto – ritroviamo quelle simbologie irrinunciabili, quell’immaginario collettivo mutuato da altre culture grazie a oggetti, stoffe, musiche, gestualità (la forma del Kalaripayattu, la più antica fra le arti marziali, nata in India, che apre il Mercato) e quindi nulla è casuale. Tutta la drammaturgia che accompagna l’intoccabile lingua di Calvino, è stata elaborata, approfondita, comparata con altri immaginari spesso cinematografici (i gesti della cerimonia del té sono ispirati a Il colore del melograno di Sergei Parajanov; la partita a scacchi prende forma dal Settimo Sigillo di Ingmar Bergman); ci sono richiami alle pratiche delle accabadore, ai vaticini delle sibille, alle pratiche delle sciamane.

Così come la scacchiera, metafora di comunicazione, relazioni e conoscenza, oltre a ricondurre alle regole del gioco combinatorio, raccoglie nei suoi riquadri di legno vivo i miti del destino, la congiunzione tra passato e presente, la necessità di ordinare la vita e la morte, di imparare il distacco, di guardare al futuro.

Nella ricerca, sulle mappe, della città perfetta è lo stesso Calvino a guidarci con quella sorta di preveggenza che gli consentiva di comprendere la contemporaneità: “Forse – afferma lo scrittore –  stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili”.

La sua scrittura, infatti, riesce a tramutare le città invivibili di oggi in quelle surreali della narrazione di Marco Polo, città che, in qualche momento sono capaci di raggiungere la perfezione.

È questa la sentenza definitiva che le tre Marco Polo offrono a Kublai Kan. Nel suo impero mentre il racconto si fa sempre più immaginifico, quella città sta nascendo.

E ci sta aspettando.

 “Una città infelice può contenere, magari solo per un istante, una città felice; le città future sono già contenute nelle presenti come insetti nella crisalide”.

[L’immagine è di Liisa Aaltio]

7 settembre 2021 ore 21,00
Giardino Pietro Lombardi – Via Sabotino, 7
Rassegna E-stiamo in Piazza 2021 Municipio Roma I Centro.

Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili“. Questo pensiero, che Italo Calvino espresse in un’intervista sul suo romanzo più visionario, è alla base dello sguardo con cui abbiamo voluto legare Le Città alla città. A Roma, dove lo sperimentiamo per la prima volta, ma anche in qualsiasi altro luogo che conservi strutture, storie, memorie, monumenti, ricordi, oggetti, abitanti, appartenenza.

La città, infatti, è il risultato di una stratificazione di segni. Un processo continuo di aggiunte e sottrazioni, che ha a che fare sia con la realtà fisica (le strade, i negozi, i monumenti, i palazzi…), sia con la memoria collettiva.

Noi – come dice l’Architetto Giorgio Del Puentesiamo in parte le città in cui viviamo, quelle che abbiamo visto e che portiamo con noi. La memoria del paesaggio è il nostro legame con il passato, il punto di incontro tra la nostra storia e il nostro presente“.

In momenti come quelli che stiamo attraversando, anche i segni più evidenti delle città pian piano scompaiono dalla vista, cancellati dall’impossibilità di viverli e di leggerli. Cancellati allo stesso modo in cui appena fino a ieri e ancora oggi, interi territori vengono cancellati dai cartelloni pubblicitari, dalle spianate dei parcheggi, dalle ricostruzioni che dimenticano gli assetti passati, dalla mancanza di notizie e di ricordi… Tutto questo rende i luoghi in cui viviamo le nostre contemporanee città invisibili.
È necessario riportarle alla luce entrando in relazione con la loro storia e con quella delle diverse comunità che le abitano. E crediamo che si possa fare attraverso la narrazione dialogante e performativa.

Inizieremo la serata facendo incontrare gli spettatori con il Genius Loci che abita il quartiere e lo spazio che ci ospita (che negli anni ’70 vide uno degli esperimenti culturali più vivi e riusciti della neonata Estate Romana, il Teatrino Scientifico). Accompagnati dalla storica dell’arte Penelope Filacchione e dall’artista Massimo Napoli ascolteremo storie e memorie come fosse una passeggiata lungo le strade di quel quartiere.
Il visibile e l’invisibile nel quartiere sarà un attraversamento attento attraverso l’ascolto e la possibilità di vederne le immagini dal proprio cellulare attraverso l’esperienza digitale dei QR code, ciascuno dei quali rimanderà ad uno specifico luogo e alla sua storia. Si potranno, così, scoprire i segni, le metamorfosi, i frammenti evocativi, che porteranno a guardare con occhi diversi lo spettacolo.

A seguire la rappresentazione dello spettacolo Le Città Invisibili di Italo Calvino, uno spettacolo teatrale che, racconta le città, le evoca, le percorre, riesce, a renderle eterne senza mai smettere di dare voce anche alle città segrete dei poveri, degli invisibili, della gente in movimento.

Le Città Invisibili è il racconto di un viaggio in luoghi straordinari, la storia degli incontri tra l’imperatore tartaro Kublai Kan e Marco Polo, mercante veneziano, giunto alla sua corte. Il Kan vuole conoscere il suo sterminato regno e chiede a Polo di percorrere i suoi territori per raccontargli la forma e la vita delle città che lo costellano.

Ad ogni ritorno Polo (interpretato da tre donne, tre figure femminili archetipiche, tre viaggiatrici del tempo e dello spirito, che suggeriscono la natura corale, arcaica, ancestrale ma anche sfuggente e impersonale del raccontare) narra a Kublai di città fantastiche: città di gioia e desiderio, città venate di rimpianti, città dell’assenza o della morte; città al confine fra reale e immaginario, che sfidano la logica e il tempo. Città fatte di frammenti, di istanti, di segnali che ne potranno costruire una nuova, quasi perfetta.

Le città invisibili, di Italo Calvino, regia di Ivan Vincenzo Cozzi

con Roberto Zorzut, Claudia Fontanari, Brunella Petrini, Elena Stabile.

Musiche originali di Tito Rinesi.
Scenografie di Cristiano Cascelli. Costumi: Marco Berrettoni Carrara.
Tecnico luci/fonica: Steven Wilson
Organizzazione: Isabella Moroni
Ufficio Stampa Valentina Ersilia Matrascìa

Giardino Pietro LombardiVia Sabotino, 7 – Roma

7 settembre 2021 – ore 21,00 – INGRESSO libero

Prenotazione obbligatoria:

argillateatri@gmail.com – 3384670935 (anche Whatsapp) – 347 824 7040

La manifestazione non prevede sedute, sarà possibile portare cuscini o altro.
Sarà assicurato il distanziamento e la sanificazione.

La magia di un luogo potente. Una città antica come quelle narrate da Calvino, una città riemersa dopo essere stata per secoli invisibile e che parla del passato, ma non solo. Trebula Mutuesca ha un’energia speciale che viene dalla sua storia di città di scambi, ma anche di memoria, di segni e di occhi, proprio come alcune di quelle di Calvino.

L’attenzione del pubblico e lo stupore sono stati forti e continui.

Lo spettacolo è cambiato, è diventato includente, veloce, ritmico. Piace anche agli attori e questa è una delle meraviglie.

Le Città Invisibili è uno spettacolo che continua a vivere e a modificarsi anche quando non te lo aspetti.

Quest’anno è stato inserito nella rassegna Sentieri in Cammino diretta da Massimo Wertmuller, che si svolge in luoghi romiti della Sabina, fra paesi antichi ma in costante fermento culturale e luoghi archeologici, storici, mitologici.
La meraviglia.

Con il nuovo cast (Roberto Zorzut, Claudia Fontanari, Brunella Petrini e Elena Stabile) e un nuovo allestimento, noi saremo sabato 7 agosto all’Anfiteatro Romano di Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino), un luogo talmente raro, bello, emozionante che si riflette nel nostro desiderio di fare de Le Città Invisibili uno spettacolo che assorba tutta la potenza e l’energia dello spazio.

Perché, in accordo e oltre tutte le possibili letture del testo di Italo Calvino (del quale, in questo spettacolo, potrete godere la versione originale, senza adattamenti, basata sulla forza della parola e su una drammaturgia che intreccia monologhi, azioni, musiche), scopriamo che sono le città e, dunque, i luoghi a dare forza alla Storia e alla continua trasformazione del presente. È, infatti, il loro continuo stratificare segni e simboli (entità vive che pure si cancellano a causa del tempo, della naturale metamorfosi dei luoghi o per l’intervento di eventi straordinari), a renderle invisibili a chi non ha più la chiave per decifrarle perché ne ha perso la narrazione e la memoria.

Nei momenti come quelli che abbiamo passato negli ultimi tempi, anche i segni più evidenti delle città sono pian piano scomparsi dalla vista, cancellati dall’impossibilità di viverli e di leggerli. Questo ha reso i luoghi in cui viviamo le nostre contemporanee Città invisibili.

Il filo conduttore dello spettacolo è il viaggio, quello che induce alla scoperta di nuove possibilità e cambia intimamente, ma anche quello che attraversa le terre e i mari alla ricerca di nuove risposte attraverso il racconto di ciò che si è visto e vissuto.

Fra le cinquantacinque città scritte da Calvino, abbiamo scelto quelle più prossime alla nostra realtà per attualità, significati o simbologie. Grazie al gioco di antitesi, reciproci rimandi e rispecchiamenti ognuna di queste città riporta il ricordo di qualcosa che ognuno di noi ha già vissuto altrove e, al contempo, offre un nuovo significato e una diversa dimensione temporale.

Oniriche, suggestive, complesse nel loro metatesto, le Città di Calvino forse sono invisibili soltanto a chi non sa guardare, o non vuole farlo, ma in realtà abitano sul confine nebbioso fra l’immaginario e il reale ed hanno una struttura solida che lo spettacolo segue e offre.

E se ognuna delle città immaginate da Calvino, ha nomi di donna, abbiamo voluto affidare proprio a tre donne il ruolo del mitico esploratore. Il narratore Marco Polo è, infatti, stato scomposto e moltiplicato in tre donne, tre figure femminili quasi archetipiche, tre viaggiatrici del tempo e dello spirito, che suggeriscono la natura corale, arcaica, ancestrale ma anche sfuggente e impersonale del raccontare: la parola e il linguaggio prendono vita con l’essere umano, ma a loro volta, lo abitano e lo raccontano.

Lo spettacolo non ha un tempo o un luogo specifici, è la provenienza da regioni lontane, steppe, deserti, montagne, mari a uniformare la narrazione che si suddivide in quattro macroscene: l’alba è del Mercato, quando le viaggiatrici, con le loro mercanzie, giungono nella piazza ai piedi del palazzo del Kan e dispiegano le loro mercanzie; la notte è del Bivacco, quando, riposti gli oggetti, le viaggiatrici possono finalmente sedere attorno al fuoco a raccontarsi storie che faranno loro compagnia durante il nuovo viaggio. Infine, la scena della Partita a Scacchi, giocata sul pavimento della reggia di Kublai Kan, è la sfida al cambiamento dei tempi, al futuro da immaginare, all’immortalità del racconto che può sostituirsi alla vita, fingerla ma anche svelarla.

Le musiche originali del compositore Tito Rinesi sono frutto di un profondo lavoro di ricerca sul testo. Le parole e gli oggetti si trasformano in suoni e sonorità evocative; i ritmi inseguono o anticipano le azioni: rumori di mercato e di carovane, cori classici e armonie contemporanee; chitarre di fado s’abbracciano a accenni hip hop; ad ogni inizio un segnale forte (il richiamo del Muezzin alla preghiera, il canto armonico dei monaci gyuto tibetani…) provoca sospensione e meraviglia.

Torniamo in scena dal 10 al 15 aprile 2018. Torniamo in scena perché Le Città Invisibili è un progetto in continua evoluzione. Va oltre la scrittura di Calvino di cui abbiamo parlato diffusamente nei post precedenti, è fatto delle intuizioni registiche, degli apporti attoriali, del modificarsi di trucchi e costumi, del comporsi delle scenografie.

Pian piano, inoltre, si evolverà per diventare itinerante. Già quest’anno, complice la forma di Ar.Ma Teatro dove siamo stati ospiti per il concorso del DOIT Festival, abbiamo cominciato a rendere ravvicinato e reale l’incontro di Kublai Kan con il pubblico.

Sono cambiate due attrici ed il lavoro ostinato e luminoso che hanno fatto ha dato dei risultati concreti.

Anche per il Kan nuovi movimenti, nuove relazioni e poi due nuove città: Eutropia, la città fatta di infinite altre città che si popolano quando si è stanchi della propria vita e Irene la città che si può solo immaginare e della quale non si può parlare o forse della quale si parla sempre e soltanto…

Dal 10 al 15 aprile saremo di nuovo in scena a Sala Uno Teatro, lì dove “i giardini di magnolie” e la grande terrazza di Kublai Kan prendono una forma antica come le arcate antiche di Roma.

Venerdì 6 aprile alle 17.30 lo spettacolo verrà presentato alla Biblioteca Penazzato di Roma con regista e attori della compagnia e Fabrizio Scrivano (Professore di Letteratura Italiana dell’Università di Perugia), autore di Calvino e i corpi, Morlacchi editore.

Sarà un anticipo di viaggio, con le tre Marco Polo che ci narreranno alcune delle città.

3 e 4 aprile Ar.Ma Teatro DOIT FESTIVAL dal 10 al 15 aprile TEATRO SALA UNO LE CITTA’ INVISIBILI di Italo Calvino

A Roma a Ar.Ma Teatro per il Doit Festival (3 e 4 aprile) e al Teatro Sala Uno (dal 10 al 15 aprile) viene presentato da Argillateatri con nuovi interpreti lo spettacolo Le Città Invisibili di Italo Calvino, fedele al testo calviniano, in un’operazione unica che mette in relazione letteratura e teatro. La regia di Ivan Vincenzo Cozzi sceglie 15 delle 55 città proposte dal celebre scrittore, affida ad Alessandro Vantini il ruolo di Kublai Kan e suddivide in tre il ruolo di Marco Polo interpretato da Roberta Lionetti, Brunella Petrini e Mariachiara Vigoriti.

 Le Città Invisibili di Italo Calvino è un diario di viaggio in luoghi straordinari, che racconta degli incontri tra l’imperatore tartaro Kublai Kan e Marco Polo, mercante veneziano, giunto alla sua corte. Il Kan vuole conoscere il suo sterminato regno e chiede a Polo di percorrere i suoi territori per raccontargli la forma e la vita delle città che lo costellano.  Ad ogni ritorno Polo narra a Kublai di città fantastiche: città di gioia e desiderio, città venate di rimpianti, città dell’assenza o della morte; città al confine fra reale e immaginario, che sfidano la logica e il tempo.

Affascinato ma scettico sui racconti del viaggiatore, il Kan lo incalza per avere risposte capaci di riaccendere le aspettative perse nel momento in cui ha raggiunto il possesso del suo regno e Marco, con la sua narrazione, riesce ad provocare nuove visioni e a rendere nuovo senso alle conquiste del Kan.

Il loro dialogo s’attarda fra segreti, iperboli, prospettive ingannevoli, mentre attorno prende forma qualcosa di nuovo, perché forse è vero, come dice il Kan, che ogni città altro non è che la descrizione di una sola, unica città. Quella perfetta.

Venerdì 6 aprile alle 17.30 lo spettacolo verrà presentato alla Biblioteca Penazzato di Roma con regista e attori della compagnia e Fabrizio Scrivano (Professore di Letteratura Italiana dell’Università di Perugia, autore di Calvino e i corpi, Morlacchi editore.

NOTE DI REGIA

Le Città Invisibili non è un testo teatrale e, secondo lo stesso Calvino, non è neanche un romanzo, ma un diario, un insieme di suggestioni. Eppure, anche senza farne un adattamento, siamo riusciti a creare una drammaturgia specifica lavorando sull’intreccio dei monologhi, delle azioni e delle musiche.

Fra le cinquantacinque scritte da Calvino, abbiamo scelto quindici città e dieci appartenenze: memoria, desiderio, segni, cielo, città sottili, occhi, scambi, città dei morti, città e nome, città continue basandoci sulla loro attualità, sui significati e sulle simbologie che le rendono espressione della necessità di un nuovo dialogo fra civiltà.

Uno dei fili conduttori è il viaggio, quello che intraprendiamo ogni giorno alla ricerca del nostro equilibrio, quello che ci induce alla scoperta di nuove possibilità, quello che può cambiarci intimamente anche se non lo sappiamo, ma anche quello che passa attraverso le nostre terre e i nostri mari, intrapreso da altri esseri umani come noi alla ricerca di una nuova pace e di nuove risposte.

Un altro è il sogno, quello che ci accompagna lungo il sonno, ma anche quello fatto dai nostri talenti e dalle nostre speranze, quello che ci viene in soccorso quando tutto sembra crollare, quello che ci offre il senso del provare, e del trovare e del non arrendersi di fronte alle difficoltà o agli orrori.

I dialoghi fra Polo e il Kan sono  stati scomposti e ricostruiti lasciando per lo più integro il testo originale e perseguire il senso più profondo che abbiamo dato alla lettura: ogni città rappresenta un aspetto diverso della città ideale che, quotidianamente ipotizziamo e speriamo. Ognuno di noi, infatti, giorno dopo giorno realizza una sua città, una metafora del proprio rapporto con la vita.

Ognuno si rapporta alla vita con quelle che sono le sue capacità e con i sensi che mette in campo per riuscire a leggere le proposte della vita. Ed ogni città rappresenta qualcosa di noi: sogni, vizi, dolori, immaginario, danza, paura.

Argillateatri

LE CITTÀ INVISIBILI
Personaggi e interpreti

Kublai Kan Alessandro Vantini
Marco Polo Roberta Lionetti, Brunella Petrini, Mariachiara Vigoriti

Regia Ivan Vincenzo Cozzi

Musiche originali Tito Rinesi

Selezione testi  Isabella Moroni

Scenografie Cristiano Cascelli

Costumi Marco Berrettoni Carrara

 Si ringrazia, per i costumi, l’atelier di Marina Sciarelli

 Disegno luci/suono Nino Mallia

Ufficio Stampa Carla Romana Antolini

Organizzazione Isabella Moroni


Martedì 3 e mercoledì 4 aprile, ore 20.45 –  Ar.Ma Teatro via Ruggero di Lauria, 22 Ingresso 12 €, ridotto 10 € e 8€

Da martedì 10 a domenica 15 aprile, ore 21.00 Teatro Sala Uno Piazza di Porta S. Giovanni, 10

Ingresso 15 €, ridotto 10 €

 Venerdì 6 aprile, ore 17.30

Incontro con Fabrizio Scrivano Biblioteca Pennazzato –29744708_2140813609533876_3251662539222123265_o Via Dino Pennazzato, 112 (Ingresso Libero)

Nella messa in scena di quest’anno de Le Città Invisibili, ci sono nuovi gesti.
Gesti antichi del lavoro, gesti magici , gesti ritmati, oppositivi, accoglienti.

Il mercato è sempre una sorpresa. Chi è questo mercante veneziano che prende forma in tre donne che arrivano in un’alba appena interrotta dalla voce del Muezzin che chiama alla preghiera? Da dove vengono, quali fiumi hanno navigato, quali mari, attraverso quali deserti sono passate?

Lo raccontano i loro abiti, che sembrano, come le tuniche dei cantori Fakir del Bengala Occidentale, fatte di incontri e di ricordi: una collana dal deserto, una gonna dalle vallate, una giacca dall’ultimo campo di battaglia soccorso.

Lo raccontano loro stesse quando narrano al Kan delle città più magiche incontrate, quelle che non esistono, eppure sono i nostri specchi.

Porteranno le incertezze del Kan a diventare conoscenza, la stessa che loro detengono per storia e per magia.

 

… nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non credere mai che si possa smettere di cercarla.
Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero-

Così concludiamo le nostre Città Invisibili. La città perfetta esiste e sta nascendo. Ancora oggi, anche se non riusciamo più neanche ad immaginarla.
La città perfetta è in continuo divenire. Quando sembra conclusa, ecco che un tarlo la perfora, scavando e rodendo alcune delle sue certezze. È allora che la città perfetta si disfa un poco per poi ricostruirsi in una nuova direzione.

Se fosse un tessuto avrebbe infinite trame e, forse, anche orditi. Avrebbe nodi e ricami e fori e ripensamenti e colori diversi.
Eppure, anche se così tormentata, lei perfettamente continua a nascere. Sparsa perché è ormai così vasta da non potersi dipanare su un solo telaio; ma sempre dentro i confini dell’Impero.

Che sia questo l’impero sterminato di Kublai Kan o il nostro confine interiore, la città perfetta continuerà a nascere e a riprendere forma, nonostante le avversità, le iperboli, i cambi di rotta.

E nessuno può mai smettere di  cercarla.

 

Le foto sono di Piero Bonacci