Nelle notti di Samhain, uno dei “sabbat” maggiori, le 𝐇𝐞𝐫𝐛𝐚𝐫𝐢𝐞 tornano in scena per il Festival Celtico “Le Notti di Samhain” al Teatro Portaportese.

Argillateatri collabora con questo straordinario festiva, pieno di curiosità, spunti, idee, scoperte anche con delle attività collaterali a cui teniamo moltissimo.

Prima di ciascuna delle due rappresentazioni, infatti, con Paolo Portone scopriremo alcuni interessanti risvolti storici della stregoneria:
“𝗗𝗼𝗺𝗶𝗻𝗮𝗲 𝗵𝗲𝗿𝗯𝗮𝗿𝘂𝗺: 𝗱𝗮 𝗰𝘂𝘀𝘁𝗼𝗱𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗲𝗱𝗶𝗰𝗶𝗻𝗮 𝗺𝗮𝗴𝗶𝗰𝗮 𝗽𝗼𝗽𝗼𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗮 𝘀𝗰𝗵𝗶𝗮𝘃𝗲 𝗱𝗶 𝗦𝗮𝘁𝗮𝗻𝗮” (1° novembre, ore 20.00)
e “𝗢𝘀𝘀𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲𝗿𝗼𝘁𝗶𝗰𝗮 𝗻𝗲𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗰𝗲𝘀𝘀𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝘀𝘁𝗿𝗲𝗴𝗼𝗻𝗲𝗿𝗶𝗮” (2 novembre, ore 20.00).

Il 3 novembre alle 18.00 ci sarà il 𝐋𝐚𝐛𝐨𝐫𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐓𝐫𝐚𝐬𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐞𝐫𝐛𝐞 per imparare a fare ad autoprodurre prodotti per il benessere e la bellezza a partire dalle piante e dalla natura (prenotazione obbligatoria)

Il 4 novembre, infine, sempre alle 20.00 Paola Babatsikou racconterà di 𝐇𝐞𝐤𝐚𝐭𝐞, 𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐬𝐭𝐫𝐞𝐠𝐡𝐞

𝐇𝐞𝐫𝐛𝐚𝐫𝐢𝐞. 𝐋𝐞 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐚𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐫𝐞𝐠𝐡𝐞, ancora una volta, è un invito alla meraviglia della scoperta di un mondo, spesso sconosciuto, fatto di tradizioni antichissime, di saperi per secoli perseguitati, oscurati e ridicolizzati, eppure profondi ed efficaci come l’erboristeria, i ritmi naturali, la medicina delle donne, la conoscenza delle potenzialità di ogni forma di vita, l’uso responsabile delle risorse e una relazione con la natura basata sulla collaborazione invece che sullo sfruttamento o sulla dominazione.

È stato sorprendente e inaspettato essere chiamati per rappresentare Herbarie come spettacolo di fine anno del Laboratorio di erboristeria Officine Naturali residente a Forte Prenestino.

Soprattutto perché il Forte ha lasciato un’impronta profonda nel nostro lavoro. Dall’occupazione nei primi anni ’80 ai corsi di Tai Chi Chuan, alle assemblee, ai grandi concerti e spettacoli, al mercato Terra Terra… lo abbiamo visto (a volte da vicino, altre da lontano) trasformarsi nelle offerte, nell’organizzazione, nel rapporto con il territorio e con le generazioni.

Oggi è un luogo dalle molteplici attività, una sorta di scrigno nel quale chiunque trova quello che preferisce. Laboratori d’ogni tipo, attivismo, politica, circo, musica, teatro, cibo, degustazioni, attività per ragazzi, cinema, scenografia, palestra, salute, benessere e… erboristeria!

Le Herbarie, dunque, sono approdate nel cuore di Forte Prenestino facendo fiorire i tunnel di foglie, piante aromatiche, petali di rosa, fiori d’aglio selvatico…
Una giornata di pioggia violenta, il cielo serale che si apre in laghi d’azzurro e lascia intravedere decine di persone venute appositamente per lo spettacolo. Alcune di loro neanche sapevano dell’esistenza del Forte, altre non avevano mai pensato di frequentarlo.

Tutti si sono appollaiati sulle grandi gradinate e poi a terra e, quando non bastava più anche sul soppalco della regia.
Alla fine, per motivi di sicurezza abbiamo dovuto chiudere gli ingressi e recitare in uno dei modi più affascinanti che un attore possa desiderare: con le persone che arrivavano fino al bordo della scena.

Un successo grande, momenti splendidi, atmosfera mozzafiato.

Grazie alle ragazze di Officine Naturali e a tutti coloro che ci hanno sostenuto.

Una tournée, anche se di pochi giorni è sempre un catalizzatore di meraviglia.

Forse faticosa (ma quando davvero sarà percorribile tranquillamente la Salerno – Reggio Calabria e quando, sulla costa Orientale, le autostrade non finiranno nel nulla?) ma ricompensata dalla bellezza dei luoghi.

Prima tappa a Ispica, dagli amici Claudio Drago ed Evelina Barone che sono stati gli artefici della replica di Modica. Ispica è una città dalle infinite potenzialità culturali. Forse poco sfruttate, ma questo può essere anche un bene per la preservazione delle tradizioni e la minore gentrificazione.

A Modica siamo stati ospitati da Francesco Lucifora (rivelatosi una vecchia conoscenza in altri contesti), direttore artistico dello spazio Chiesa e Chiostro di S. Maria del Gesù che ha inventato una stagione teatrale e musicale di grande valore, conclusasi proprio con il nostro spettacolo.

La Chiesa, poi carcere, ora spazio culturale è di una bellezza mozzafiato. In stile gotico normanno, edificata più o meno nel periodo storico in cui abbiamo ambientato le Herbarie, sembrava essere nata proprio per accogliere la nostra storia.

A Catania, invece è stato tutto diverso e forse più complicato. Siamo estremamente grati al Catania Off Fringe Festival per averci selezionati in questa prima edizione.

Un progetto estremamente ambizioso: riempire la città (che pure culturalmente è molto vivace e attiva) con 15 giorni di oltre 50 spettacoli, ognuno in quattro repliche) disseminati in location diverse con un punto di riferimento comune, il Village che aveva il suo quartier generale nello spazio del Mono, un locale nato negli spazi di una ex fabbrica di zolfo in una zona molto attiva culturalmente.

Progetto ambizioso anche perché le location dove si svolgevano gli spettacoli erano dislocate in vari punti della città, alcuni difficilmente raggiungibili. Questa per chi (come noi) era proprio in un’altra zona, rispetto alla maggior parte dei teatri, è stato penalizzante anche se, alla fine, siamo stati lo spettacolo ospitato a Sala Futura (del Teatro Stabile) che ha avuto il maggior numero di spettatori.

Un Fringe Festival, come ci hanno spiegato nei vari workshop dedicati a noi teatranti, i direttori artistici dei maggiori Fringe del mondo (da Avignone a Edimburgo, da Adelaide a Praga da Stoccolma a Hollywood, a Cipro…) è in realtà un solo grande lavoro di promozione e contatto.
Il pubblico deve essere cercato, meravigliato, coinvolto, attirato. Nessuno lo può fare per te. I costi sono molti e spesso molto alti, nessuno ti ospita o paga per te. Lo spettacolo in sé per sé non è che un 10% di tutto il lavoro da svolgere.
Il risultato, dunque non è nel pagamento del lavoro, quanto nella rete che si riesce a realizzare. Una rete che potrebbe tornare utile, o anche no.

Per tornare al Catania off Fringe Festival, di cose da migliorare ne abbiamo trovate parecchie. Herbarie, probabilmente ha bisogno di un contesto più tranquillo di quello che abbiamo trovato e non abbiamo vinto nessuno dei tanti premi messi in palio.

Un Fringe, però, resta uno degli eventi più pazzeschi e divertenti al mondo. A noi è servito a scoprirci nel nuovo cast con Silvia Mazzotta che ha dato allo spettacolo una verve molto diversa contribuendo a renderlo più sottile e immaginativo.


La Sicilia degli Dei ci attende.

Herbarie. Le chiamavano streghe arriva in prima assoluta siciliana a Modica, domenica 16 ottobre alle 18.30 al Chiostro di S. Maria del Gesù.

La Sicilia, dove le donne di sapere controllavano il vento di scirocco e suscitavano quello di ponente per permettere una buona navigazione ai pescatori, o custodivano i serpenti simbolo dell’energia guaritrice femminile; la Sicilia dove le donne d’erbe hanno tradizione antica e curano le malattie con le parole, le erbe, le pietre e gli animali, come dicono anche i proverbi: Tanti erbi, tanti mali avemu, e anche cc’è tanti erbi all’ortu, ca risurgina l’omu mortu, oppure Erba di ventu, Ogni mali havi abbentu.

La Sicilia dove, ancora di più che altrove i ruoli sono doppi e distinti: c’è la guaritrice herbaria e c’è l’irvalora. La prima esercita come medico e va personalmente nei campi a raccogliere le piante necessarie alla terapia; la seconda è una sorta di farmacista-erborista, con una bottega vera e propria, le cui pareti sono tappezzate di erbe di ogni tipo che le vengono portate da raccoglitori, parenti, amici…

La Sicilia ci accoglie fra le arcate di un convento sorto poco dopo il tempo di cui narriamo, uno di quei luoghi sacri e culturali dove era possibile studiare filosofia, teologia e imparare la cura.  Uno splendido chiostro in stile arabo-normanno, le cui colonnine che sorreggono gli archi, sono variamente decorate e ognuna diversa dall’altra.

Dopo Modica saremo a Catania, per il Catania Fringe Festival nei giorni 20 (ore 21,30), 21 (ore 17,30), 22 (ore 19,30) e 23 ottobre (ore 21,30) alla Sala Futura del Teatro Stabile di Catania.

È la prima edizione di un Fringe Festival a Catania, è un momento straordinario per il teatro indipendente. Come in tutti i fringe del mondo sarà possibile incontrarsi, conoscersi, scambiarsi.
E, anche se i linguaggi saranno differenti, anche se le motivazioni, gli obiettivi, le poetiche seguiranno strade diverse, sarà l’occasione per guardare con occhi liberi, per scoprire pensieri, idee, difficoltà, culture.

Herbarie. Le chiamavano streghe resta la rappresentazione di un momento unico di consapevolezza e scoperta di come la guarigione non sia un fatto non solo medico, ma anche culturale, poiché mette in gioco i simboli, i luoghi, gli oggetti quotidiani, e l’effetto dato dai rituali, facilitando il processo di guarigione.

Dio non permise [di conoscere le erbe], altrimenti gli uomini guarirebbero tutti […]; solo a  qualche donna dà di tanto in tanto la facoltà di scoprire queste virtù, ma perché non la insanisca, non dev’essere creduta
[Salvatore Amabile Guastella]

Scandriglia, cittadina arroccata sul panorama di olivi e monti azzurrini della Sabina ha da poco un nuovo Teatro ricavato da una chiesa.
Un palco che sa di legno, una platea nuovissima, un pubblico curioso e numeroso.
Siamo stati qui. E sono stati applausi a scena aperta.
Che gioia fare teatro dove la meraviglia è ancora viva!

Una giornata intensa si luce, di caldo, ma anche di vento. Il Quarto La Bufera si chiama così proprio perché, sulla cima di quella collina, il vento corteggia gli alberi dell’ultimo bosco della zona ininterrottamente.
Con forza gelida d’inverno, con carezze più o meno coinvolgenti l’estate.

È stata un’esperienza piena di luce, di cibo buono, di belle persone, di musica dolce, di parole e di spettacolo.

Il nostro ringraziamento va, con il cuore, a Elena Castellacci, splendida padrona di casa, a Roberto Peretti che ha cucinato e condotto i partecipanti in una seppur breve camminata (il caldo è stato più forte), a Paolo Portone che ha, come sempre, con la sua verve affabulatoria, incantato i presenti raccontando di streghe e inquisitori.
Alle nostre attrici Claudia Fontanari, Brunella Petrini e Elena Stabile, ad Andrea Memoli che ci ha aiutato a montare le scene e ha poi messo le musiche dello spettacolo, ad Antonia Masulli Matera che ha collaborato fin dall’inizio all’avventura di Herbarie, ad Awisha Carolina Gentile e alla sua voce straordinaria, a Oscar Bonelli e agli strumenti della natura che porta con sé, all’amico Pino Moroni che ci supporta e sostiene sempre.

E alle persone che sono intervenute, arrivando in una sorta di paradiso che ha inondato di luce lo spettacolo.

Abbiamo immaginato una sera ai bordi del Solstizio d’Estate, in uno spazio sacro.

Sacro perché la Terra è l’elemento benedetto che, assieme all’aria e all’acqua ci permette la vita.

Sacro perché su questo terreno, appena arato, seduti su piccole balle di paglia che, dopo, andranno a nutrire gli animali che lavorano per noi, svolgeremo un rito laico: quello dello spettacolo Herbarie: le chiamavano streghe.

Mentre il sole declina verso il mare che non è poi così lontano, senza luci artificiali, senza palcoscenico, senza mai avere il buio… insomma sempre come se fossimo lì, come allora, lì dove si raccoglievano le erbe per la cura dolce, che si è dimenticata e persa, per la cura che ascolta il corpo e protegge gli umili, vedremo entrare in scena Mercuria, Caterina e Lucia che ci racconteranno la loro storia.

Sarà il culmine della giornata I Tesori di Gaia che ci ha visti entrare nel bosco, assaggiare cibi naturali, ascoltare musica, poesia ed il racconto della Storia sul volo delle streghe nella notte di S. Giovanni.

Come dicevamo nel precedente post “Ora ricominciamo. Ricominciamo riproponendo il progetto sulla cura. Quello delle Herbarie. Cura della natura, cura dell’anima, cura della malattia. Cura che fa germogliare nuova sapienza.

Tornano le Herbarie perché è la cura il vero fulcro della vita che vivremo. La cura e la natura. Che poi, come dice sempre la nostra amica herbaria contemporanea Elena Castellacci (che ha ospitato lo scorso anno Poesie per la Pace ): “Madre Terra ci cura, Madre Terra ci nutre“.

Sarà di nuovo la mostra delle fotografie di scena di Claudio Drago, dal 7 al 23 aprile, ad aprire il sentiero. Questa volta alla Biblioteca Vaccheria Nardi nel quartiere Colli Aniene, non lontana dal Parco della Cervelletta, curata dalla storica dell’arte Penelope Filacchione.

Herbarie: le chiamavano streghe, lo spettacolo nato da un testo di Silvia Pietrovanni e portato in scena nel 2019, continua il suo viaggio. A novembre scorso abbiamo proposto questa stessa mostra alla Galleria ArtSharing Roma riuscendo a far rivivere i momenti salienti dello spettacolo, a farne ritrovare i colori terrosi, le foglie, i rami carichi e le atmosfere di un ambiente che, più andavamo perdendo i contatti emotivi, più sembrava necessario recuperare, perché culla dell’accoglienza e motore della collettività.

Ma la mostra di Herbarie non è solo un’esposizione di una straordinaria arte evocativa, ma è anche un progetto articolato sulle donne, sulla salute e sulla natura.

Alzeremo il sipario alle ore 17.00 del 7 aprile nello spazio espositivo della Biblioteca, un ambiente antico, legato al lavoro e alla trasformazione. Subito dopo, nella Sala Incontri della Biblioteca, le attrici protagoniste dello spettacolo Claudia Fontanari, Brunella Petrini ed Elena Stabile, rappresenteranno alcune scene, con le musiche originali del compositore Tito Rinesi.

Sabato 9 aprile alle ore 10.00 ci troveremo al Parco della Cervelletta, con la botanica Valentina Petrioli che condurrà gli intervenuti in una passeggiata per il riconoscimento delle erbe selvatiche e spontanee, delle quali racconteremo anche le proprietà benefiche.

Giovedì 14 aprile alle ore 17.00 incontreremo il Prof. Paolo Portone, docente di storia e responsabile scientifico del Museo della Stregoneria di Triora (Imperia), che con il suo intervento Diabolicae superstitiones. Documenti etnografici nei processi per stregoneria dell’Inquisizione romana (XVI-XVII secolo), supportato da letture teatralizzate, ci racconterà del periodo storico successivo a quello in cui sono vissute le nostre tre dominae herbarum e le verità storiche e politiche sulle streghe e sull’inquisizione.

Perché di streghe si può parlare in infiniti modi. L’Italia è popolata di luoghi che prendono nome da Sibille, diavoli, fate, streghe, trasmutazioni, piante di lunga vita, miracoli, fuochi, magie… ma anche scoprendo il perché delle eresie, dei testi come il Malleus Maleficarum, o delle lotte per il potere che si sviluppavano in Europa al tempo in cui il Rinascimento avrebbe dovuto privilegiare l’Uomo, le arti e l’espressione delle anime.

Giovedì 21 aprile alle ore 16.00 i bambini tra i 6 e i 10 anni potranno prenotare il Workshop di Erbologia dove scopriranno come preparare sali profumati e altre “stregonerie” con le sole cose che ci sono in casa e magari una passeggiata in campagna o al mercato.

La mostra si concluderà sabato 23 aprile. Alle ore 10.00 proponiamo il laboratorio di trasformazione delle erbe per la bellezza e per il benessere, questa volta dedicato agli adulti. Con pochi materiali ben selezionati possiamo realizzare in casa prodotti cosmetici sani. Ci proveremo con l’aloe, con l’iperico e con gli oli essenziali. Era quello che facevano le donne sapienti che poi furono chiamate streghe e che non hanno mai smesso di tramandare i segreti delle erbe da millenni. Il workshop è aperto a tutti, anche agli “stregoni” (o maghi, o sapienti!).

Brevi scene tratte dallo spettacolo e lo straordinario intervento del Prof. Paolo Portone che racconta delle streghe e della loro storia con la passione e la competenza di chi non ha mai smesso di conoscere e far conoscere la loro realtà.

Le fotografie di Claudio Drago alla Galleria ArtSharing Roma

Dal 13 al 28 novembre 2021 alla Galleria ArtSharing Roma sono tornate le Herbarie nelle loro molteplici forme.
La mostra delle fotografie di scena dello spettacolo Herbarie: le chiamavano streghe (testo originale di Silvia Pietrovanni), opera del fotografo siciliano Claudio Drago che con il teatro e il cinema ha instaurato un rapporto strettissimo di indagine e sperimentazione, è lo spunto per tornare a parlare di quello che erano le Herbarie, di quello che non hanno mai smesso di essere. Nella leggenda, nella mitologia e, soprattutto nella storia: cura, natura e magia.

Parlare di cura, di empatia, di natura, di donne e di streghe non è altro che una metafora dell’attualità.
Una metafora che non è poi così facile da raccontare e da far ascoltare nel mondo in cui viviamo. Dove cura è diventato sinonimo di medicalizzazione; natura si confonde con ambiente (un elemento sul quale intervenire non con attenzione, umiltà e rispetto, ma con forze contrapposte, tecnologie invasive e interessi economici evidenti); donne (escludendo tutti i gruppi e le associazioni che si incontrano quotidianamente con le realtà) è ormai quasi soltanto una riserva di caccia politica, una categoria di investimento o di mancanza di investimento, un tema da far svolgere ad aspiranti giornalisti, ragazzi delle scuole.
E le streghe sono, ancora una volta, tutti i diversi; tutti coloro che riescono a pensare individualmente. Sono i nemici da respingere, ridicolizzare, tenere lontani delle comunità.

E allora, perché non ricominciare a parlarne. A gettar semi, a far incontrare le esistenze stremate dalla paura, dalla confusione, dall’obbligo di competere e guadagnarsi un posto e raccontare loro realtà (perché realtà sono) che hanno dimenticato o che non hanno mai conosciuto?

Le Herbarie fotografate da Claudio Drago ci portano in quel medioevo in cui il potere iniziava lentamente ad accanirsi contro le curatrici. Dove la medicina, sperimentata nelle accademie, non riusciva più ad affiancarsi alla tradizione, a scambiarsi idee, pratiche e nozioni, ma entrava in competizione, voleva apporre il suo sigillo sulle esistenze degli umani.

E per ogni Paracelso che nella prima metà del 1500 bruciava i libri di medicina affermando che il suo sapere (era naturalista, medico e filosofo) discendeva solo da ciò che aveva appreso dalle donne, gli altri bruciavano le donne affinché non insinuassero il dubbio che i libri di medicina potevano essere inutili.

Tutte cose attuali, in questo 2021 che si trascina dietro i significati palesi e nascosti di un’epidemia.

E nel corso della mostra abbiamo provato a gettarli questi semi.
Con il vernissage dove abbiamo ridato vita ad alcune scene dello spettacolo.
Con il laboratorio di trasformazione delle piante in prodotti di cura e di bellezza dove dagli olii, dai sali e dalle foglie di alcune piante, abbiamo preparato nuove realizzazioni, nuove forme, nuove consistenze.
Con il workshop per ragazzi, alla scoperta dei semi, delle piante, delle foglie e delle loro storie, delle leggende, degli usi in cucina. Fino al gioco finale della trasformazione del bicarbonato, dei colori degli aromi e dei lustrini in effervescentissime “bombe da bagno”.
E, soprattutto, con l’evento di chiusura nel quale è intervenuto il Prof. Paolo Portone a raccontare le verità storiche e politiche sulle streghe, sull’inquisizione, sugli untori, partendo dai testi di cronisti dell’epoca o dagli scritti di Alessandro Manzoni.

Perché di streghe si può parlare in infiniti modi. L’Italia è popolata di luoghi che prendono nome da Sibille, diavoli, fate, streghe, trasmutazioni, piante di lunga vita, miracoli, fuochi, magie… Si può raccontarle dal punto di vista del riscatto delle donne, da quello spirituale contemporaneo della Wicca, risalendo alle Strix-Striges dei romani o ancora prima alla mitologia classica. A Medea, a Circe e risalendo i millenni a Artemide e alla Potnia, la Signora delle Fiere.
Ma si può raccontarle anche scoprendo il perché delle eresie, di testi come il Malleus Maleficarum, conoscendo le lotte per il potere che si sviluppavano in Europa al tempo in cui l’Umanesimo (e poi il Rinascimento) avrebbe voluto privilegiare l’Uomo, e le arti e l’espressione delle anime.

L’importante è conoscerle, per non farsi trovare impreparati, quando le avversità prenderanno nuove forme, magari sconosciute, ma sempre legate allo stesso burattinaio: il potere.

Dal palcoscenico alla carta fotografica. Herbarie: le chiamavano streghe, lo spettacolo nato da un testo di Silvia Pietrovanni e portato in scena – con l’adattamento di Isabella Moroni – dalla compagnia Argillateatri, diventa una mostra con le foto di scena di Claudio Drago che, oltre a far rivivere lo spettacolo nei suoi momenti salienti, fa ritrovare i colori e le atmosfere di quell’ambiente dove accoglienza e collettività sono tanto emozionanti quanto estranei al sentire dei nostri giorni.


Il “sipario” alla Galleria ArtSharing Roma si alza il 13 novembre dalle 17,00 alle 21,00 con il vernissage con letture e scene dallo spettacolo (repliche alle ore 18 e 19).

In programma, nei giorni seguenti, anche momenti di incontro e laboratori tematici: il 20 novembre dalle ore 17,00 alle 19,00 sarà il momento per gli adulti di cimentarsi con il laboratorio di erboristeria “Menta, rosa, genziana… Introduzione alla trasformazione delle erbe”. Mentre il 21 novembre dalle ore 17,00 alle 19,00 spazio ai più piccoli con “Erbologia per bambini: laboratorio di ricette delle streghe”.
Finissage e incontro con erboristi e ricercatori delle tradizioni di cura e guarigione previsti invece per il 28 novembre alle ore 17.

La storia delle tre domine herbarum, vissute nel periodo storico in cui avviene la transizione politica e culturale fra il Medioevo e il Rinascimento, raccontata attraverso gli scatti di scena e i testi tratti dallo spettacolo condurranno lo spettatore di fronte a molteplici strade che, a diversi livelli, danno accesso alla storia delle donne, del loro sapere e della loro oppressione; ma anche all’evolversi delle modalità della cura, al rapporto con la medicina, al confronto con la natura, l’ambiente e i loro frutti, nonché all’incontro con il racconto dei simboli, dei miti e delle diverse ritualità e fedi.

Claudio Drago – Note biografiche
Nato a Roma nel 1957, ho cominciato a interessarmi di fotografia grazie ad un amico che “rubava” una Rolleicord 6×6 allo zio paparazzo. Pesco dal cinema e dalla letteratura, miei interessi primari, spunti continui nel mio viaggio fotografico, nutrendomi di film soprattutto stranieri (quelli intimisti, svedesi, tedeschi, russi e francesi, per intenderci). Verso i 24 anni mi iscrivo sia al corso di fotografia dell’Istituto Europeo di Design sia alla facoltà di Letteratura indirizzo Spettacolo, cinema e teatro. Qui ho potuto assorbire un’energia nuova e stimoli per la mia ricerca personale. Negli anni ho partecipato a varie mostre personali o collettive e ho continuato a studiare seguendo vari workshop: Franco Fontana, Sara Camporesi, Lucia Baldini, Dario Coletti e un master con Lina Pallotta. Nel 2014 ho aperto una galleria fotografica a Roma nel quartiere Pigneto. Qui si è sviluppato un intenso lavoro collettivo che ha dato vita al primo festival nazionale di fanzine: “Funzilla” ancora oggi attivo. Ultimamente mi sono dedicato alle foto di scena sia teatrali che cinematografiche e attualmente collaboro per lo sviluppo di progetti culturali con la Komatografica, un’associazione del mio paese d’origine, Ispica.

È possibile acquistare il catalogo con tutte le foto della mostra con una donazione di Euro 9,00 attraverso Paypal all’indirizzo argillateatri@argillateatri