Odissi, la danza dei templi.

La danza Indiana racchiude in sé il teatro ed il sacro: attraverso i suoi gesti (mudra) racconta le azioni e i comportamenti degli esseri umani, gli stati d’animo (rasa), le passioni dell’anima. È un’arte che esplora i sentimenti (bava), e dona il piacere della bellezza pura.

Fra le sette danze classiche dell’India (il Bharata Natyam, la più antica, il Kathak nel quale affondano le origini del flamenco spagnolo, la danza Manipuri, il Kathakali, potente e mascolina: una danza dove anche il ruolo femminile era impersonato da uomini, la danza Mohini Attam, femminile e vicina al misticismo della madre terra, il Kuchipudi), la danza Odissi, sinuosa e sensuale, affonda le sue origini nelle danze rituali eseguite nei templi dell’antica India del nord.

Odissi significa “dell’Orissa” ovvero dello Stato dell’Orissa, nell’India nord-orientale, culla di una cultura attraversata da più correnti religiose, nei cui luoghi di culto si è sviluppato questo stile di danza già dal II secolo a.C., come è possibile vedere nelle grotte jaina di Udayagiri o nel nel santuario buddhista di Ratnagiri.

Una danza che è stata espressione sacra per moltissimi secoli fino all’arrivo degli Inglesi che, nel corso del XIX secolo imposero un nuovo senso della civiltà e del pudore, a causa del quale le danze dell’India divennero ovunque  sinonimo di degenerazione morale poiché la loro pratica era considerata una forma di prostituzione.

Fu così che per tutto l’Ottocento, la danza, in India, viene dimenticata e i danzatori quasi scompaiono.

È solo nei primi due decenni del ‘900 che, grazie all’intervento del movimento riformatore, si torna a parlare di danza.Non a caso la forma in cui viene attualmente rappresentata la danza Odissi è il prodotto di una rinascita degli anni ‘20. Studiosi e appassionati di danza, infatti, hanno studiato sugli antichi manoscritti, approfondito le ricerche sui dipinti e sulle poesie ma, soprattutto hanno “letto” le sculture dei templi, vere e proprie “mappe” della gestualità e dei movimenti della danza, confrontandole con le coreografie dei pochi artisti esistenti, al fine di far rinascere l’Odissi come stile di danza classica unica, e fortemente teatrale. Nel corso degli anni, infatti, la danza Odissi è diventata uno degli stili classici fra i più popolari ed amati.

Come le altre forme di danza classica indiana, anche l’Odissi si basa su due importanti aspetti: Nritta, la danza non-rappresentativa i cui movimenti creano motivi più ornamentali che narrativi e Abhinaya, ovvero la mimica stilizzata nella quale i gesti e le espressioni facciali sono simbolicamente utilizzati per interpretare una storia o un tema il più delle volte sacro o d’amore..

Le divine storie d’amore di Radha e del Dio Krishna sono fra i temi preferiti, tanto che uno spettacolo classico di danza Odissi contiene sicuramente uno o due Ashtapadis (poema di otto distici) dal Gita Govinda di Jayadeva, che descrive, attraverso una appassionata poesia sanscrita, la complessa relazione tra Radha e il suo Signore.

La tecnica dell’Odissi propone l’uso ripetuto del tribhangi, ovvero la postura del corpo che piega il corpo in tre punti opposti fra loro, come a  di tre volte deviato postura, in cui il corpo è piegato in tre punti, come in una sorta di spirale. Questa posizione e lo spostamento caratteristico del busto da un lato all’altro, fa dell’Odissi uno stile difficile da eseguire. Non a caso i migliori danzatori riempiono le coreografie di grazia fluida che dà alla danza una qualità lirica molto attraente.

 

 

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